giovedì 21 novembre 2013

UOVA ALLA DIOSSINA, È ALLARME IN ITALIA





Le sorprese, in queste uova, 





Negli ultimi due giorni ha iniziato a circolare un nuovo allarme sul web, le uova alla diossina.
Le sorprese, in queste uova, si chiamano diossina e pcb. Sostanze cancerogene trovate in misura superiore al limite consentito dalla legge europea (5 picogrammi per ogni grammo di grasso) in 23 pollai tra Milano, Sesto San Giovanni e Monza Brianza, in 15 allevamenti di Cerro al Lambro e in 9 di Mantova e hinterland ( tre in città, due a Bigarello, uno a San Giorgio, Porto Mantovano, Marmirolo e Borgoforte).

Sono i primi risultati del piano di monitoraggio promosso dal ministero della Salute in tutti i 57 siti inquinati di interesse nazionale (sette quelli lombardi), per verificare la presenza di contaminanti nelle uova e nel latte, chiaro indice di avvenuta contaminazione del ciclo alimentare.
I dipartimenti di prevenzione veterinaria dell’Asl hanno analizzato campioni di uova di 30 allevamenti per autoconsumo (non destinati a finire, quindi, sui banchi di negozi, mercati e supermercati) che si trovano nel raggio di dieci chilometri dal sito di Sesto San Giovanni, altrettanti per il polo industriale di Mantova, 31 per il sito di Cerro al Lambro (il campionamento, in quest’ultimo caso, risale al 2011). Entro la fine dell’anno il monitoraggio sarà concluso anche per le aree inquinate di Milano Bovisa, Pioltello-Rodano e Brescia-Caffaro.

Non è la prima volta che scatta l’allarme per le uova dei pollai familiari. Era già successo nel 2010, quando grazie a una campagna straordinaria della Direzione generale alla salute della Regione Lombardia erano stati trovati casi positivi in diverse province. A Mantova, ad esempio, la diossina era presente in 7 casi su un campione di 9 prelievi in tre aree vicine a poli industriali (Viadanese, hinterland e Sustinente). Indagini successive avevano confermato la presenza dei veleni in 4 dei 7 casi iniziali. La colpa, però, era stata data non alle industrie ma a pratiche di allevamento sbagliate (riutilizzo di bidoni di vernici e oli esausti come contenitore per il mangime, roghi di materiale plastico nelle vicinanze, presenza nei pollai di frammenti di pneumatici o polistirolo espanso).
Un’ipotesi che sembra, però, non reggere per il caso di Ospitaletto, nel Bresciano, dove la diossina nelle uova è stata trovata dall’Asl per il terzo anno consecutivo. Le galline che razzolano nell’azienda agricola di Gianfranco Lombardi, all’ombra dell’acciaieria Isa, hanno covato uova contenenti livelli di diossina quasi doppi rispetto ai limiti di legge europei: 8,13 picogrammi per ogni grammo di grasso, contro un limite di 5 picogrammi. Quantitativi di veleni quattro volte inferiori a quelli scoperti nella prima campagna di analisi, ma ancora superiori ai limiti di legge. L’alta presenza di inquinanti sembrerebbe dimostrare che all’origine della contaminazione non c’erano dunque cattive pratiche zootecniche (come inizialmente ipotizzato dall’Asl). Le diossine sarebbero invece presenti nel terreno, lo stesso nel quale razzolano le galline alla ricerca di vermi .

Nel Bresciano, la terza e ultima campagna di controlli sugli allevamenti avicoli rurali si è tenuta meno di un anno fa, realizzata su un solo allevamento. «L’unico rimasto», fanno sapere in via ufficiale dall’Asl, visto che gli altri agricoltori hanno preferito chiudere i loro pollai dopo che, per due anni di fila, i veterinari hanno trovato nei loro pagliai uova avvelenate. Negli ultimi sei anni va ricordato, oltre al caso delle uova, quello del latte al Pcb trovato in 16 stalle dell’hinterland bresciano e le anguille al Pcb da due anni fuorilegge sul lago di Garda.
A Mantova, la notizia delle uova alla diossina arriva a pochi giorni da quella relativa a un non invidiabile primato: tra i siti più inquinati d’Italia, Mantova è quello dove muoiono più bimbi al di sotto di un anno d’età (nel periodo 1995-2009, il numero di decessi è stato del 64% superiore a quelli attesi). Lo dicono i dati della ricerca «Sentieri», promossa dall’Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con l’Associazione italiana registri tumori. Dati allarmanti che porteranno a un’indagine dello stesso Iss.
 

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